Nel 2025 l’adozione della metodologia Agile sarà sempre più una necessità per le aziende che vogliano restare competitive. In questo articolo analizziamo i benefici che comporta la scelta della filosofia Agile, unitamente al modus operandi, valutandone anche gli inevitabili limiti.
Il Manifesto Agile tra i suoi quattro valori evidenzia l’importanza di puntare sugli individui e sulle interazioni, più che sui processi e gli strumenti.
All’interno delle organizzazioni, soprattutto rispetto al passato, questo aspetto per certi versi sembra assolutamente scontato, per altri, purtroppo, non risulta tale. Lavorando con i team ci si rende conto che, seppur a parole venga accettato, nella pratica risulti ancora difficile attuarlo completamente.
Da project manager e per forma mentis sono affascinata dai dati, perché costituiscono un modo estremamente oggettivo per interpretare la realtà.
Negli ultimi anni si sono succedute diverse ricerche a livello internazionale, volte ad approfondire la relazione diretta tra coinvolgimento dei dipendenti nei processi decisionali e miglioramento delle performance dei singoli e dell’azienda.
Vediamo, in modo sintetico, quanto è emerso in un paio di casi:
Da project manager e umanista, mi incuriosisce, inoltre, analizzare le correlazioni e le differenze che possono esserci con il passato o con ambiti differenti da quelli prettamente aziendali.
I cittadini di Atene, riuniti in assemblea, partecipavano al governo della Polis (Città Stato) ed erano sottoposti alle stesse leggi; a Roma i cittadini divisi tra Comizi e Senato, potevano influenzare più o meno direttamente, a seconda dell’epoca storica, la res publica.
Rispetto ad oggi, che cosa cambia? In primis il fatto che nell’antichità la partecipazione era un fine, mentre nelle aziende è un mezzo per raggiungere obiettivi di vario genere: progettuali, economici, strategici.
L’aspetto interessante, però, è lo spirito partecipativo, che, pur attraversando i secoli, resta immutato; pensiamo ad esempio:
Cosa ci ricorda tutto ciò?
Una forma di gerarchia, che in certi casi poteva essere più verticistica, in altri assolutamente trasversale-orizzontale, esattamente come nel governo delle istituzioni antiche e delle organizzazioni moderne.
In Italia il tema relativo allo snellimento degli iter amministrativi della Pubbliche Amministrazioni è da sempre al centro della discussione sull’efficienza dello Stato. Proviamo per un momento a pensare alle affinità e alle differenze con le organizzazioni: da un lato (P.A.) si parla, per lo più, di un sistema rigido e inefficiente, caratterizzato da una struttura verticistica, gerarchica, poco trasparente, estremamente burocratizzata, con risorse aventi una responsabilità limitata al silos di appartenenza; in una realtà Agile, invece, aziendale o di P.A., le risorse lavorano in team e sono molto più flessibili.
Come si può concretizzare tutto ciò nel mondo del lavoro odierno?
Un’azienda per competere su mercati turbolenti come quelli contemporanei, deve, in primis, creare un ambiente di lavoro in cui:
Come dicono gli anglosassoni tutto ciò rientra nella cultura dell’empowerment. Non si tratta “solo” di puntare su risorse competenti, adattabili, con buone capacità relazionali/di problem solving e che sappiano lavorare in team, ma anche su persone che vogliano migliorare continuamente, perfezionarsi, a cui poter delegare le scelte, tecniche e non, assumendosi responsabilità crescenti.
Mettere al centro le risorse le fa sentire parte di un qualcosa, le rende partecipi, proattive, porta ad aumentare l’entusiasmo rispetto alle attività che svolgono o ai progetti che gestiscono o a cui partecipano. Quando vengono responsabilizzate, messe in condizione di essere propositive, la prima cosa che si nota è il clima che cambia, accresce la partecipazione, la condivisione, il confronto.
La spinta emozionale è estremamente importante in questo ambito, perché si contageranno a vicenda e i benefici saranno visibili sia per l’azienda, che per il singolo. Il problema maggiore sarà riuscire a mantenerla anche durante i momenti di stress, o quando le cose non andranno come si vorrebbe, durante l’iter progettuale.
Aumentare la collaborazione tra i team, mettendo il cliente o committente al centro, spinge ad innovare in modo più naturale e spontaneo, accelerando a poco a poco anche il rilascio di prodotti/servizi a valore. Ma non è sufficiente. E’ necessario, infatti, anche consentire ai team di confrontarsi, per risolvere rapidamente i problemi che possono emergere durante il progetto.
In Italia, purtroppo, non c’è ancora una cultura diffusa sull’importanza delle retrospettive di sprint e di chiusura, come, invece, capita nel mondo anglosassone e questo fa disperdere molte energie, perché le verifiche, l’allineamento e i feedback sono estremamente utili per puntare al miglioramento continuo in stile giapponese.
Il vero capitale di un’azienda sono le persone e le loro interazioni, pertanto, focalizzandosi sulla crescita e sul benessere delle stesse, si consentirà loro di adattarsi e di innovare più facilmente, mitigando la naturale resistenza al cambiamento, tipica degli esseri umani e rendendo il più possibile misurabili i feedback nel corso dei progetti.
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